La virgola ribelle

Un giorno il Presidente, dopo estenuanti trattati non andati a buon fine, inviò il seguente messaggio:

Pace impossibile, lanciare missili su obbiettivo stabilito.

La virgola ribelle, conoscendo le regole di ortografia, sentendo che poteva apportare un cambiamento necessario fece un salto e al Generale arrivò il seguente messaggio:

Pace, impossibile lanciare missili su obbiettivo stabilito.

Quel lancio impedito permise alle parti di sedersi di nuovo ed evitare una guerra.

Questa breve storiella è stata copiata dal web e introduce con simpatia l’argomento di cui voglio scrivere.

Nel libro Maestri d’arte per l’infanzia la Dottoressa Regina Biondetti descrive, nel capitolo da lei scritto, il viaggio che un bambino fa nell’apprendere l’arte dello scrivere. Al suo interno mi hanno colpito due dati.

Il primo riguarda la logica delle regole grammaticali. Cito:

Il bambino deve avere chiaro che ogni segno o spazio vuoto in uno scritto non è che la registrazione sul foglio  di quanto avviene nel linguaggio orale.

Non vi è solo la corrispondenza tra le lettere scritte e i suoni del parlato, ma anche quella fra la successione temporale del discorso e la sequenza delle parole da sinistra a destra sulla pagina; la durata dei suoni consonantici, e le lettere doppie …. E sarà il bambino stesso che, intendendone la logica, andrà a ricercare nella pronuncia orale delle parole le indicazioni  per la corretta scrittura.

Se al bambino viene fornita l’esatta sequenza con cui imparare a scrivere (alfabeto, sillabe, parole) al momento adatto le regole dell’ortografia, che regolano questo trasportare dei suoni con un significato specifico su un pezzo di carta, il bambino le impara come conseguenza logica. L’ortografia e le sue regole se insegnate nel giusto modo, si inseriscono logicamente nel processo di apprendimento del bambino di questa arte del trasformare dialoghi in parole. Possiamo arrivare ad una regola: visto che la logica è innata in un individuo, se uno non sa scrivere è perché non gli è stato insegnato in modo corretto. L’attuale cultura delle parole sintetizzate, degli acronimi e dei dialoghi da chat è la palese manifestazione che le persone non sanno scrivere (e quindi leggere) correttamente. Ma dietro esiste un fallimento da parte della scuola, dei programmi e della didattica.

Il secondo dato che mi ha impressionato dallo scritto della Dottoressa Biondetti, riguarda l’uso del corsivo nel percorso che il bambino fa come primario strumento di scrittura. Cito:

Si scrive solo il corsivo. Lo stampatello non è idoneo alla scrittura. Come dice il nome, è un carattere che è stato ideato per la stampante quindi non è adatto per essere scritto a mano. Per scrivere una lettera in stampatello bisogna fare frequenti stacchi della penna dal foglio: le lettere non si legano fra loro ma sono separate   una dall’altra, cosicché vi possono essere delle confusioni su dove finisce una parola e ne inizia un’altra.

Anni fa mio figlio preparò un seminario all’interno di una scuola. Portò a casa le opinioni finali dei ragazzi che scrivevano in stampatello. Chiesi a mio figlio di quale classe elementare fossero i bambini che avevano scritto. Erano di terza media. I loro riscontri apparivano cosi elementari nell’esposizione e negli errori. E soprattutto nell’ortografia in stampatello. Leggendo il capitolo della dottoressa questa mia esperienza ha trovato risposta. Lo stampatello, sostituito nella didattica di molti bambini, ha fatto perdere lo stacco delle parole collegate ai suoni sabotando alle origini il logico flusso di informazioni che servono per imparare a scrivere. La tanto amata etichetta di dislessico forse prende piede con questo disastroso cambiamento didattico:  Via il corsivo, viva lo stampatello.