Bullismo e Cyberbullismo: si può sconfiggere?

L’aggressione ai più deboli è sempre esistita nei gruppi di adolescenti. Non è qualcosa di giusto, è qualcosa che esiste. Il problema oggi è però maggiormente amplificato da un fattore: la rete sociale.

Tratto dal libro di novelle per presentare la Privacy*, la storia che segue illustra un esempio di Bullismo e Cyberbullismo e la sua potenziale soluzione che verrà trattata a breve in un incontro.

Roberto D’Alessandro ha una ditta di installazioni di piccole dimensioni, un solo dipendente, Carlo, con lui da 10 anni   e tanto lavoro fino a tarda ora. Il mercato è in ripresa ma recuperare gli anni della crisi non sembra sia facile. Roberto comunque è molto preparato nel suo settore e la città dove vive e lavora sta sperimentando una piccola rinascita economica. Per questo motivo si respira   dell’ottimismo nell’area. Quando il professore dell’istituto tecnico lo chiama un po’ disperato chiedendo se nelle settimane successive può integrare due studenti per un periodo di formazione con spese a carico della scuola, Roberto accetta. Glielo avessero chiesto tempo addietro non avrebbe saputo cosa fare con questi ragazzi, ma proprio in questi giorni sta ricevendo la conferma per un offerta ad una gara per un ente pubblico. È un lavoro considerevole che potrebbe finalmente dare una svolta al fatturato.

Elia e Francesco si presentano il venerdì seguente al capannone con le loro scarpe antiinfortunistica nuove, il panino preparato dalla mamma e la faccia con alcuni brufoli tipici dell’adolescenza.  Sono al terzo anno del tecnico.  Roberto intanto ha ufficialmente vinto la gara e si appresta a ordinare il materiale, i due ragazzi quindi diventano manodopera aggiunta.  Per quella giornata vengono indirizzati a sistemare il magazzino e il materiale così che come prima cosa familiarizzino con l’ambiente lavorativo.

Una volta sistemati i due studenti, mentre Carlo è a fare piccoli interventi manutentivi da alcuni clienti, Roberto rilegge il regolamento della gara vinta all’interno dell’Ospedale dove verranno fatti i lavori. Approfondendo alcuni termini si rende conto di non aver notato i tempi di consegna e soprattutto le penalità collegate in caso di mancanza. Mentre da una parte è comprensibile che ci siano, una settimana di ritardo comporterebbe il prosciugamento di buona parte del suo utile. Considerando che Carlo è sempre stato un ottimo collaboratore, i tempi richiesti tutto sommato possono essere facilmente rispettati.

Nel pomeriggio prende con sé i ragazzi ed inizia a verificare il loro livello di competenza. Non si trattava di un test, è che Roberto adorava i ragazzi e il loro entusiasmo e nel tempo aveva sempre evitato il bullismo e i vecchi preconcetti sul fatto che i giovani non hanno voglia di lavorare. Roberto dedicava del tempo mostrando loro come doveva essere fatto un lavoro, poi gli faceva fare prove sull’installazione di collegamenti di rete, visione di apparecchiature per test, tutte cose di cui a scuola i ragazzi avevano a malapena sentito parlare. Sapeva che l’apprendistato era un punto focale nella loro formazione. Passavano dalla semplice teoria al vedere che le cose funzionavano, si accendevano, e trasmettevano. Era una passaggio che Roberto amava seguire perché non si era mai persuaso del fatto che le persone non amino lavorare. Era invece convinto che se sapevano cosa fare, come farlo e perché lo facevano, la loro partecipazione e rendimento sarebbe stato certamente superiore.

Sapeva queste cose per esperienza perché in parte le aveva vissute e se non fosse stato per la sua curiosità e interesse nel conoscere, lui stesso sarebbe rimasto vittima dei preconcetti. Il suo primo datore di lavoro lo avrebbe tenuto a pulire uffici e raccogliere ferri per mesi senza effettivamente insegnargli nulla. Lui invece di nascosto installava, smontava e disfaceva tutto ciò che riusciva, a volte rischiando per la mancanza di un supervisore o di una persona più esperta, come la volta che entrato in una cabina di alta tensione per “vedere” cosa si stesse facendo e per un pelo non era rimasto fulminato per l’incorretto uso dei sistemi di protezione personale.

Con Elia e Francesco iniziò a chiedere loro cosa avessero capito delle reti Lan e del cablaggio, della messa a terra o della polarità che avevano studiato a scuola rendendosi immediatamente conto, come era successo altre volte, che nella scuola odierna mancava all’interno dell’insegnamento la cultura della trasmissione. I ragazzi anche se volenterosi venivano bloccati da teorie e concetti che non riuscivano ad assorbire per la mancanza di esperienza da parte degli insegnanti che avevano un solo sistema per ottenere risultati: la minaccia del voto.  Roberto invece riusciva a trasmettere ai ragazzi alcuni concetti di elettronica e di informatica che assorbivano velocemente. Era come se sapesse cosa mancava ai ragazzi per afferrare il soggetto, una specie di abilità nascosta di cui non si era mai vantato, ma di cui aveva gioito vedendo poi l’entusiasmo sui volti degli studenti che si formavano presso di lui. Si può vedere un netto cambiamento di illuminazione sul volto di un ragazzo che comprende cose che prima erano per lui un mistero. Era luce vera, quella della comprensione, e lo studente del momento la sperimentava dopo che aveva parlato con lui per qualche ora. E così stava facendo con Elia e Francesco.  Roberto bilanciava saggiamente la teoria con la pratica e mostrava i connettori, apparecchiature, installazioni di antifurto sul proprio telefonino e anche pratica di lavoro, chiedendogli poi di fare pratica con   piccole attività preparative che sarebbero tornate utili sui cantieri facendogli risparmiare del tempo.

Mentre spiegava ne approfittò per sistemare il materiale per il grosso cantiere e mostrò loro dei connettori: “la ragione per cui questo cavo è fatto così dipende dalle interferenze che deve in qualche modo smorzare. Le trasmissioni viaggiano in due direzioni, verso e da. Queste due usano una coppia diversa del cavo…  Vedete !?”  I due ragazzi ascoltavano attenti perché nel suo spiegare Roberto era semplice e appassionato e gli ascoltatori non avevano difficoltà ad apprendere. Li mise poi in azione, spiegò loro come fare i connettori e glieli fece assemblare, poi per fare una sorta di test di abilità, indisse una gara tra i due per vedere chi li faceva meglio. I ragazzi si misero all’opera divertendosi al punto che nessuno dei due guardò l’ora. Roberto se ne accorse e vide che erano andati ben oltre l’orario accordato con la scuola e disse ai ragazzi che per quel giorno avevano finito. Elia e Francesco però vollero rimanere per aiutarlo a caricare il materiale che sarebbe servito nel cantiere la settimana seguente.   

Il fine settimana passò velocemente e Roberto pronto fin dalle prime ore dell’alba di lunedì riverificò materiale, i documenti di autorizzazione per entrare in cantiere e le copie delle carte di identità. Arrivarono i ragazzi ai quali offrì il caffè Nespresso, utile investimento dell’anno prima. Non aveva avuto però nessuna notizia da Carlo e la cosa era strana perché il suo dipendente non era quasi mai in ritardo e le volte che era successo lo aveva sempre avvertito anche con un semplice messaggio. Roberto decise di aspettare. Alle sette e trenta iniziò a telefonare a Carlo e continuò a provare per mezz’ora senza ricevere risposta.  Iniziava ad essere preoccupato, spaventato per questo ritardo e arrabbiato per il comportamento di Carlo. Gli venne in mente che su un’agenda cartacea aveva segnato il numero di casa della madre di Carlo. Lo compose subito. “Buongiorno Giovanna, mi scuso per il disturbo ma non riesco a contattare Carlo e sono leggermente preoccupato per il suo ritardo”.  “Oh Roberto, quasi me ne dimenticavo. Carlo mi ha chiesto di chiamarla ma nella confusione mi sono dimenticata, ieri sera tardi è stato ricoverato per una appendicectomia. Mentre lo portavano via mi ha chiesto di avvisarla, ma siamo stati tutti colti alla sprovvista, io mi sono scordata di telefonare e la sua compagna di fatto è rimasta accanto a lui. Il cellulare nella fretta sarà rimasto a casa. Mi scuso ancora Roberto.”

Roberto sentì una goccia si sudore freddo colare lungo la schiena, non era preoccupato per il suo dipendente, di fatto una appendicectomia non era cosa grave, poteva essere dolorosa ma di certo non pericolosa. Gli dispiaceva, questo sì ma in quel momento era preoccupato per il ritardo che questo inconveniente avrebbe comportato sul lavoro.  Anche se Carlo fosse uscito dall’ospedale in tempi brevi, avrebbe dovuto passare qualche giorno di convalescenza a casa, conoscendolo si sarebbe presentato al lavoro il giorno dopo le dimissioni ma Roberto lo avrebbe rispedito a riposo, quindi i tempi non sarebbero stati così brevi per un ritorno di Carlo.  

Decise di partire perché la destinazione era la stessa: l’ospedale era il posto dove avrebbe dovuto lavorare ed era il posto dove Carlo era ricoverato. Passati i controlli del cantiere posteggiò il furgone e prese posizione del locale assegnato per il materiale, chiese ai ragazzi di aspettarlo e si precipitò da Carlo.

Lo trovò sveglio dopo l’operazione e come lui preoccupato del lavoro, anche Carlo era perfettamente consapevole che il tutto sarebbe stato rallentato dalla sua mancanza. Roberto gli disse, mentendo, che aveva già trovato la soluzione e che tutto sarebbe andato per il meglio. Gli consigliò di riposarsi ora che poteva e di rimettersi in gran forma senza preoccuparsi. Lo avrebbe tenuto aggiornato molto spesso visto che si trovava nel padiglione in costruzione distante solo qualche centinaia di metri.

Mentre faceva ritorno al luogo dove aveva lasciato furgone e ragazzi, Roberto cominciò ad elencare colleghi che avrebbero potuto aiutarlo. Significava un aumento dei costi ma diversamente avrebbe rischiato di sforare le date di consegna incorrendo nelle penalità relative. Arrivato al furgone lo trovò vuoto, non c’erano i due ragazzi e non c’era neppure il materiale. Ci mancava solo questo! Non ebbe il tempo di pensare che Francesco ed Elia apparvero al suo fianco. Entrambi parlottavano. “Ragazzi dove eravate finiti? Dov’è il materiale?” “Signor Roberto lo abbiamo scaricato e sistemato nel locale a lei destinato” rispose Francesco. “Abbiamo lasciato il cavo e le attrezzature davanti perché abbiamo immaginato che fossero le cose che servissero per prime”.  Sagaci i due ragazzi e … che velocità. Gli balenò un’idea improvvisa: e se avesse fatto il lavoro con loro?  Poteva lasciarli uscire all’orario stabilito e rimanere lui più a lungo perché in qualità di tirocinanti non poteva richiedere loro degli straordinari, però poteva provarci e vedere come fare il lavoro.

I ragazzi si erano dimostrati svegli e pronti a lavorare. Presero posizione al piano di lavoro e la piantina della disposizione degli impianti venne appesa alla parete. Roberto spiegò come avrebbero dovuto disporre il cablaggio, i passaggi e i trucchi etc. I ragazzi iniziarono e presto si rese conto che con il loro entusiasmo le cose viaggiavano più velocemente di quanto lui riuscisse a seguirle. I due tirocinanti correvano, saltavano sulle scale e giù dalle scale con quell’energia propria degli adolescenti. Per loro era un gioco e una sfida. Avevano capito ciò che era successo e il fatto che Roberto doveva completare il lavoro entro un certo tempo, bene, lo avrebbero aiutato, bastava prendere la cosa come un gioco con la scommessa che ce l’avrebbero fatta.   Roberto si trovò presto a stare più attento al fatto che i ragazzi, guidati dal loro entusiasmo, non trascurassero la sicurezza, che usassero correttamente le scale, che mettessero il caschetto in plastica anche se non andavano in alto e i guanti che sebbene siano scomodi e fanno lavorare più lentamente, proteggono le mani. 

A fine giornata quando tirò le somme si rese conto di aver realizzato il doppio del lavoro che aveva programmato di fare con Carlo. I ragazzi per niente affaticati dovettero essere convinti che la giornata lavorativa era finita ma che il giorno dopo li aspettava un’altra sfida.

Il giorno seguente si trovarono di nuovo in ufficio per cominciare la giornata. Francesco era tranquillo mentre masticava il suo chewing gum alla fragola. Elia invece appariva leggermente spento. Arrivati sul posto di lavoro iniziarono le attività da dove erano state sospese, ma la velocità tra i due era cambiata. Elia era lento, svogliato e l’entusiasmo del giorno precedente era svanito. Roberto lo notò e in un primo momento pensò che l’eccitazione della novità si era esaurito. Poi però ripensò che era stato proprio Elia il giorno precedente a prendere la maggior parte delle iniziative. Doveva essere successo qualcosa. Alla prima pausa caffè con una scusa riuscì a rimanere da solo con Elia al quale domandò con molta attenzione per non essere frainteso, cosa fosse successo. “Niente” disse, ma la sua espressione lo tradiva e mostrava un grande turbamento. “Posso richiederti se qualcosa è successo o qualcosa ti ha turbato? Ho fatto qualcosa io che in qualche modo ti ha colpito?  Elia scoppiò e disse che Roberto non c’entrava nulla. “A me piace quello che facciamo, ieri mi sono divertito molto a lavorare e sapere di aver aiutato anche mentre Carlo è ricoverato lo sento come una cosa buona, ma …”

“Ma?!”

“Sono stato preso in giro!”

“Da chi, come? chiese Roberto un po’ confuso.

“Ieri abbiamo fatto più foto mentre lavoravamo sulle scale mentre realizzavamo la parte che io consideravo una vera sfida.” Disse lasciando la frase in sospeso. “Eh?”

“Un amico ha commentato le mie foto sul social e ha attirato l’attenzione di un sacco di persone che si sono sentite in dovere di offendere e denigrare ciò che stavo facendo, mi hanno dato dell’operaio e del leccapiedi.”

“Penso che ci sia un inesattezza in quello che dici: non poteva essere un tuo amico se si è permesso di invalidare la tua giornata lavorativa, di certo non vale la pena pensarci ed essere di cattivo umore per questo”.

“Lo so però tutti quei like …”

“Facciamo così, questi sono 200 euro, fatti una foto e scrivi che questo è un anticipo di un grosso bonus che l’installatore per cui lavori ha intenzione di darti se si rispettano i tempi.  E sappi che io ho veramente intenzione di darvi un bonus, ma in cambio mi devi promettere che toglierai dalla lista di amici quello che ha offeso la tua voglia di fare bene.”

“Davvero!! Certo che lo tolgo. Corro a dirlo a Francesco”. 

Tenendo questa base operativa Roberto riuscì a consegnare in tempo il lavoro. Francesco ed Elia furono premiati con un bonus in soldi con cui si sarebbero potuti fare le vacanze estive e tornarono al loro istituto professionale con un’esperienza ed un bagaglio culturale che impressionò i professori. Carlo si riprese perfettamente e rimase entusiasta per come erano andate le cose.  

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Uno dei temi caldi trattato e protetto dal Garante della Privacy è il Cyberbullismo, che in questa epoca moderna d’impatto social mediatico sta procurando effetti molto maggiori di quelli prodotti dal bullismo o dalla prevaricazione adolescenziale da sempre esistiti. La facilità di divulgazione e la quantità di persone raggiunte in modo subdolo da affermazioni che violino la privacy dell’adolescente possono creare un impatto emotivo non da poco. In aggiunta, depositati sui social possono esserci dati e relazioni intime che se violate possono creare turbamento.

La legge (n. 71 del 29 maggio 2017 art., comma 2) descrive il Cyberbullismo come:  

Ai fini della presente legge, per «cyberbullismo» si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.

*libro scritto da Donato Salvia e Paolo Romani dal titolo “credi che un professionista costi troppo, non hai idea di quanto ti costerà un bandito”. Disponibile su amazon